Prigionieri di se stessi
14 Dicembre 2018 al 31 Gennaio 2019
Galleria Studio Tiepolo 38
Isabella Nurigiani: frammenti di percezioni.
Di Elisa Battisti
“Credi che non ti capisca? Tu insegui un sogno disperato, questo è il tuo tormento. Tu vuoi essere, non sembrare di essere. Essere in ogni istante cosciente di te, e vigile. Nello stesso tempo ti rendi conto dell'abisso che separa ciò che sei per gli altri da ciò che sei per te stessa e provoca quasi un senso di vertigine, un timore di essere scoperta, di vederti messa a nudo, smascherata, riportata ai tuoi giusti limiti” – “Persona”, Ingmar Bergman.
Ho conosciuto Isabella Nurigiani diversi anni fa in una galleria di Roma, lo sguardo fiero e il piglio deciso mi avevano attratta fin da subito. “Belle vibrazioni”, pensai. Poi ho avuto modo di ammirare i suoi lavori ed il modo in cui interagisce con la materia e le prime sensazioni si sono trasformate in profonda ammirazione e poi affetto. Nell’incontro con i lavori di Isabella ci si sente affascinati dalla percezione di estrema facilità nel plasmare i materiali, spesso duri e pesanti e ai quali riesce a conferire un estremo senso di movimento e trasformazione. Con “Prigionieri di se stessi” si conferma lo stesso impatto, forte e immediato. Tra i dieci pezzi esposti, quello che dà il titolo alla mostra è il lavoro che va a delineare la ricerca che ha voluto intraprendere l’artista, trasferendo nella materia la rappresentazione ideale dell’involucro dove spesso ci si nasconde: pregiudizio, aspettativa, falsa morale, giudizio altrui che spesso non riporta ad altro se non al nostro, severo e censore. Queste le zavorre che si frappongono come impedimento principale nella realizzazione della propria identità più vera, nel lasciar fluire la natura più intima di ognuno che spesso trova nella dualità la sua essenza più sincera e nell’incontro tra opposti la fusione ideale. In “Maschile e femminile” i due poli si uniscono ma come parte di un unico stesso elemento che li contiene entrambi, luce e oscurità, bianco e nero, l’uno senza l’altro non esisterebbe ma invece di incontro violento qui si fa abbraccio di forze agli antipodi tra azione e passione. Ed è nella costruzione dell’identità che si inserisce prepotentemente “Totem”, elemento che da sempre sancisce appartenenza ed è ascrivibile nell’opera di Isabella Nurigiani ad elementi più vari. La struttura domina lo spazio e si presenta come un blocco rettangolare di marmo bianco cui va ad intersecarsi una struttura circolare in marmo nero del Belgio. Ecco allora che ognuno potrà attingere al proprio bagaglio di valori, paure e fedi per attribuire all’elemento totemico il significato prescelto che sia religioso, pagano o come nel mio caso collegato ad una spiritualità in stretto contatto con la Natura e la Terra, come quella dei Nativi Americani. “Albero solitario” prosegue nell’indagine identitaria che ora si fa Uno, rimandando ad un dialogo solipsistico nel quale la solitudine si fa necessità. L’utilizzo che fa Isabella Nurigiani dei materiali - marmo bianco e nero e bronzo - crea un’energia palpabile e facilmente percepibile anche da uno sguardo inesperto. La verticalità è l’elemento ricorrente in queste opere nelle quali all’interno di forme di parallelepipedi vanno ad inserirsi elementi di contrasto, con forme sferiche e tondeggianti. Il gioco rigoroso e spigoloso interrompe con ”Guardarsi e non riconoscersi”, dove diventa fluidità e morbidezza e che potrebbe interpretarsi come il punto ideale di chiusura di questa indagine, massima espressione del doppio e dell’immagine deformata di se stessi. Elementi apparentemente identici ma che trovano nell’inversione speculare dei loro materiali la modalità di messa in scena dell’alterità, del non riconoscersi, del rimbaudiano “Je est un autre, Io è un altro”.